Nella mente comincia a balenarmi un po’ di preoccupazione per il ripido corridoio ghiacciato. Alla Guspissattel stringo i lacci dei ramponi, avvolgo i cinturini della piccozza e del bastoncino ai polsi e mi avvio, concentrato, verso il punto chiave dell’escursione. Dopo una decina di metri mi metto con la pancia verso il pendio e scendo passo dopo passo puntando la punta dei ramponi nelle lievi cavità scavate durante la salita. Dopo ogni mossa devo spostare la piccozza, che purtroppo non entra ovunque nella neve compatta. Devo compiere diversi tentativi prima di trovare un posto leggermente più tenero; finalmente, a tutta forza, la infilo dandole una lieve inclinazione verso il pendio, così che la becca possa ancorarsi al ghiaccio. È una lavoro faticoso, lento, di costanza e pazienza, con l’aggravante del peso dello zaino che vorrebbe darmi l’abbrivio per la caduta. Non mi perdo d’animo, continuo lentamente, mantenendo la calma. Sono ben coperto, non ho sintomi di crampi e sopporto bene lo sforzo. La perseveranza mi premia: evito la scivolata e raggiungo felicemente il deposito sci senza incidenti.
 
 

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