“Anche gli altri facevano la nostra vita: la primavera e l’autunno nelle terre di Val Bavona e l’estate sui monti e sugli alpi, distanti ore uno dall’altro, meno quelli che si fermavano in basso per i fieni. Per tutto il tempo della buona stagione in Val Bavona era un continuo stentare lungo la mulattiera e su per i sentieri degli alpi, dal paese alle terre, dalle terre ai monti, da un corte all’altro, da una cascina scomoda a un’altra peggio, uno scalino dopo l’altro fin sugli ultimi pascoli, dove le vacche ruminavano più licheni che erba, dove un uomo può sentirsi solo da piangere, che per arrivarci, allora, ci volevano dieci ore di torcicollo sotto i carichi. Quelli poi che potevano schivare le fatiche dell’alpe, vuol dire che stavano peggio degli altri, perché se non avevano abbondanza di campi di castagni, per poco che andava male arrischiavano di fare più pidocchi del necessario.”
Da Il fondo del sacco, pag. 25.
 
 

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