Dopo due ore di cammino pervengo al terrazzo che ospita la Cascina Cara (1833 m).
La baita non riflette l’appellativo cara: non sembrerebbe infatti molto cara ai proprietari.
Lo testimonia l’incuria che traspare da una rapida visita del suo interno: una tazzina col fondo nero di caffè, stoviglie sporche in un catino, una bombola di gas abbandonata da decenni, un fornello, una stufa a legna, lattine d’alluminio ammucchiate in una scatola di cartone, un letto a pagliericcio che non attirerebbe nemmeno il più imbruttito dei montanari.
Il rifugio ha tuttavia il pregio di essere sempre aperto e di offrire un tetto in caso di maltempo.

 
 

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