E’ quando si attraversano questi gruppi di baite in rovina (in questo caso quelle di Scellina Superiore) che vengo preso da grande tristezza, perché penso alla fatica e alla tenacia di chi ha realizzato queste costruzioni, una volta ben vive, e che ora piano piano vengono riprese dal bosco che inesorabilmente avanza. Certo, si può dire che il bosco si sta riprendendo quello che l’uomo gli ha tolto, ma non si possono dimenticare i grandi sacrifici fatti da queste persone che ci hanno preceduto. La solitudine di questi alpeggi, le stupende montagne e i grandi panorami, l’ambiente selvaggio e la storia di questa Valle (da quella dei disboscamenti, alle lotte partigiane e all’inesorabile abbandono) contribuiscono ad alimentare il cosiddetto “mal di Val Grande”: non sarò mica malato ???....
 
 

Kommentare (5)


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Gesendet am 15. November 2021 um 10:01
Condivido completamente il sentimento !
ciao

stefano58 hat gesagt: RE:
Gesendet am 15. November 2021 um 12:13
Condivido anch'io, quando vedo il faticoso lavoro di generazioni sparire, mi viene una grande tristezza.
Ciao
Stefano

imerio hat gesagt: RE:
Gesendet am 15. November 2021 um 19:22
Stefano ciao, mando anche a te il pensiero che ho inviato a Giorgio.
Ogni tanto mi viene in mente la scritta che si trova poco prima di arrivare a Corte Buè (vedi sotto). E quando la rileggo mi mette quasi commozione, per i significati semplici e profondi che emergono, soprattutto nella parte finale.
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Racconta un anziano abitante di Rovegro: “Buè era caricato da una ventina di famiglie di Rovegro che inalpavano complessivamente 50-60 bovini, vitelli, manzi e mucche da latte. Io salivo ai primi di marzo e scendevo alla fine di settembre.
Tenevamo le mucche in stalla fino a maggio, dandole dal mangiare il fieno dell’anno prima; poi le portavamo su a pascolare verso i Corni di Nibbio e fuori verso Caseracce. Facevamo due tagli di fieno (in luglio e settembre) e guai se qualcuno faceva una ranzata su quello di un altro proprietario.
Erano fatiche tremende a far fieno su quei prati in piedi.
A Buè coltivavamo le patate, tante e le più belle della Val Grande. Sono salito a Buè da bambino, quando andavo a scuola scendevo ogni giorno a Rovegro, due ore e mezza a piedi, mattina e pomeriggio.
Ho lavorato e camminato tanto, ma sono contento della mia vita. Oggi è più difficile essere contenti.”
(testimonianza di Silvestro Lietta, classe 1913).

stefano58 hat gesagt: RE:
Gesendet am 16. November 2021 um 17:14
E' vero, oggi non si è mai contenti; in passato la vita era dura, ma ci si sapeva accontentare del poco che si aveva.
Ciao
Stefano

imerio hat gesagt: RE:
Gesendet am 15. November 2021 um 19:21
Ogni tanto mi viene in mente la scritta che si trova poco prima di arrivare a Corte Buè (vedi sotto). E quando la rileggo mi mette quasi commozione, per i significati semplici e profondi che emergono, soprattutto nella parte finale.
Ciao. Imerio
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Racconta un anziano abitante di Rovegro: “Buè era caricato da una ventina di famiglie di Rovegro che inalpavano complessivamente 50-60 bovini, vitelli, manzi e mucche da latte. Io salivo ai primi di marzo e scendevo alla fine di settembre.
Tenevamo le mucche in stalla fino a maggio, dandole dal mangiare il fieno dell’anno prima; poi le portavamo su a pascolare verso i Corni di Nibbio e fuori verso Caseracce. Facevamo due tagli di fieno (in luglio e settembre) e guai se qualcuno faceva una ranzata su quello di un altro proprietario.
Erano fatiche tremende a far fieno su quei prati in piedi.
A Buè coltivavamo le patate, tante e le più belle della Val Grande. Sono salito a Buè da bambino, quando andavo a scuola scendevo ogni giorno a Rovegro, due ore e mezza a piedi, mattina e pomeriggio.
Ho lavorato e camminato tanto, ma sono contento della mia vita. Oggi è più difficile essere contenti.”
(testimonianza di Silvestro Lietta, classe 1913).


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