Sotto le cime che costituiscono la dorsale tra la Val Trebbia e la Val Perino, il torrente Perino ha scavato profondamente al centro il proprio precedente letto, creando così in epoche remote il profondo solco a V dove scorre attualmente, e ha lasciato quindi sospesi, a mezza costa, alcuni pianori di versante in contropendenza. Questi ripiani, occupati da pascoli e da laghetti di origine glaciale, nell’età di mezzo della pietra (VI millennio a.C.) ospitavano periodicamente mandrie di cervi e di altri grossi mammiferi, che in primavera salivano dalle foreste della pianura; queste migrazioni erano ben note alle tribù di cacciatori mesolitici, che seguendo gli ungulati ponevano i loro accampamenti lungo i percorsi che dal piano portavano verso i valichi e le praterie in quota. La nostra escursione ha incontra questi antichi campi di caccia, individuati grazie al ritrovamento in questi luoghi di migliaia di manufatti, realizzati scheggiando la selce e il diaspro. Questi strumenti venivano lavorati sul posto, come si deduce dal fatto che è stato ritrovato anche il materiale rimanente dopo la scheggiatura del minerale grezzo, ed erano utili sia alla cattura degli animali che alle necessità dell’accampamento: raschiatoi e lame per tagliare, schegge triangolari usate come punte per le frecce, grattatoi per sgrassare, scarnificare e pulire le pelli, bulini per incidere ossa e corna
 
 

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