Torno (2556 m)
|
||||||||||||||||||||||||
![]() |
![]() |
Come si può ben presumere non era il Torno la mia meta di oggi. Ma viste le condizioni meteo che “senza preavviso” si sono palesate, “meglio il Torno che un ritorno senza Torno”. Al di là del Lago del Luzzone il cielo era plumbeo fin dall’albeggiare, poi c’è scappato anche qualche tuono, inutile lamentarsi delle previsioni sbagliate, tanto nessuno può farci niente. La cosa positiva è che senza le presenti condizioni non mi sarebbe mai venuto in mente di salire questa montagna, che invece ha una sua ragione d’essere, essendo in posizione centrale tra la Val Scaradra e la Valle di Garzora, con in più una fantastica (quando c’è…) visuale sul Terri, una delle montagne esteticamente più belle che esistano, secondo il mio modesto parere. In più, nella notte, da Aquila in su deve aver piovuto, per cui ho trovato tutto estremamente bagnato, e anche lo stesso Torno non è stato semplice da raggiungere in quelle condizioni.
Visto che sul Torno non ci sono ancora relazioni, indicherò la via seguita, depurata comunque da illazioni su quello che sarebbe potuto essere e non è stato: le montagne sono lì, non si spostano e in una bella giornata in zona ci ri-TORNO (stavolta però evitando il Torno!)
Parto dunque dalle rive del Lago del Luzzone, più o meno dalla quota 1623 (però volendo ci sono 3 posti auto proprio all’imbocco del sentiero per la Val Scaradra). Dopo lo sterrato, in breve sono all’inizio del sentiero, che è completamente umido, tanto che già nei pressi dell’Alpe Scaradra di Sotto (1797 m) (presso la quale, capito l’andazzo, tolgo le scarpe da trail e infilo gli scarponi) mi ritrovo con i piedi completamente bagnati. Abbandono subito il sentiero della Val Scaradra e salgo verso ENE (a sinistra) il costone chiamato Crestüscia, compreso tra il Ri del Torno ed un secondo riale. La salita è difficoltosa fin dall’inizio, visto che bisogna farsi avanti tra rododendri, ginepri ed altre erbe alte, con l’aggravante che è tutto bagnato (T4 in condizioni normali, forse oggi qualcosa in più). La pendenza è sempre sostenuta, talvolta occorre spostarsi a destra o a sinistra per evitare qualche tratto scabroso, alla fine saranno 600 metri di dislivello tutti allo stesso modo (man mano che si sale l’erba diventa più bassa, ma la pendenza rimane costantemente sostenuta). Improvvisamente, attorno alla quota dei 2400 metri, mi trovo su un bel pianoro, al quale è appoggiato il versante S del Torno. La salita verso la vetta non presenta alcun problema, si svolge su terreno libero, io preferisco restare sulla verticale della cima E e poi all’ultimo piego verso la cima principale.
In effetti il Torno ha ben 3 cime quotate, la E (2551 m), la cima centrale, più alta (2556 m) e la cima W (2540 m). Colgo l’occasione per esplorare la zona sommitale e dare un’occhiata al precipite versante N. Con l’asciutto si potrebbe scendere anche dall’erboso versante NW (rispetto alla cima 2540); io però preferisco – come sempre – i pietroni e la roccia, così scelgo l’unico canale che fa al caso mio, a NE della cima E (2551 m).
Mi ritrovo così sulla pietraia sottostante e da qui continuo la discesa verso N in direzione di Dolee, approfittando di uno dei tanti sentieri di pecore, che, numerose, colonizzano questi pascoli.
Visto che in vetta al Torno era troppo presto, effettuo qui, nei pascoli di Dolee, la pausa per il pranzo, oggi particolarmente sontuoso (salamino di cinghiale di Beura e strolghino di culatello di Parma, il tutto innaffiato da ottima birra bianca bavarese) e senza necessità di guardare l’orologio!
Quando mi rimetto in cammino ho qualche problema nell’individuare la direzione corretta, ma alla fine capisco che devo spostarmi verso W, scendere leggermente sul pendio erboso (anche questo abbastanza ripido, ma meno di quello del mattino), superare una zona calcarea e passare sotto un corno di roccia che emerge dall’erba. Sbuco così sul pianoro di Fanee in prossimità della cascina di quota 2025 m. Da qui una buona traccia, solo un po’ inerbata, scende a Garzora (1882 m), un alpeggio da cartolina.
Completo l’anello scendendo su buon sentiero a Garzott (1628 m) e da qui, sullo sterrato che costeggia il Lago del Luzzone, raggiungo l’auto.
La gita mi ha permesso di fare conoscenza con la zona: conoscevo solo il sentiero che porta al Terri, che è comunque un’altra cosa rispetto alla gita odierna. Inoltre, certe montagne non si salgono mai, per un motivo o per l’altro: oggi invece è stato il turno di una vetta “minore”, ma, considerata la possibile evoluzione meteo, non ho rimpianti e, anzi, sono contento di aver fatto visita ad una montagna “dimenticata”o meglio “ignorata”.
Tempi di percorrenza: 5 ore e 45’. Dettaglio:
Lago del Luzzone – Torno (via Crestüscia): 3 ore
Torno – Lago del Luzzone (via Dolee e Garzora): 2 ore e 45’

Comments (8)