Alpe Larécc (1828 m)
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Escursione con partenza da Menzonio, Menzói in dialetto locale, alla scoperta dei monti e delle cascine sul versante destro della parte inferiore della Valle Lavizzara.
Inizio dell’escursione: ore 8.30
Fine dell’escursione: ore 15.30
Pressione atmosferica, ore 9.00: 1031 hPa
Temperatura alla partenza: - 0,5°C
Isoterma di 0°C alle 9.00: 2300 m
Temperatura all’Alpe Monte di Cima alle 10.40: 10,5°C
Temperatura al rientro: 14,5°C
Velocità media del vento: 5 km/h
Sorgere del sole: 7.39
Tramonto del sole: 16.43
Sveglia alle 5:20, partenza da casa alle 6:20, arrivo a Menzonio alle 8:10, dopo 91,5 km d’auto, con una sosta caffè di 10 min.
Per la prima volta visito questo villaggio, che dista un chilometro dalla strada principale del fondovalle. A Menzonio, così come negli altri paesi lavizzaresi, l’apice della popolazione residente si toccò attorno alla fine del Settecento con oltre trecento abitanti, per poi decrescere in modo brusco nell’Ottocento, fino a scendere sotto le 100 unità nel Novecento. Nei secoli scorsi la mortalità era forte in tutte le fasce d’età, a cominciare dalla gravidanza, visto l’aggravio lavorativo sulle spalle delle donne, ma i primi anni di vita erano quelli maggiormente a rischio per le malattie e più avanti per gli infortuni. Invecchiare era un privilegio per pochi.
Lasciata l’auto all’inizio del paese, imbocco il sentiero che poco prima del lavatoio sale a sinistra sui prati, in direzione nord. Dopo pochi metri arrivo ad un bivio: a sinistra si continua verso Brontallo, io svolto dalla parte opposta. Entro nel castagneto che sale verso il poggio di Piantedo (845 m), dove sorgono quattro edifici rustici trasformati in residenza. Vi abita una famiglia proveniente d’Oltralpe che inneggia ai prodotti bio, alla “vita semplice” e all’“eco-villaggio”: “das Ӧkodörfchen im Maggiatal, ein Ort der Begegnung, der Gemeinschaft und des einfaches Lebens”.
Mi trovo sul sentiero per Scinghiöra, sul quale transitavano un tempo parecchie persone e molto bestiame. I muri a secco ai fianchi della via impedivano ai bovini di brucare l’erba dei prati circostanti e di distruggere i raccolti.
A circa 950 m di quota il sentiero transita sotto il portico della Cappella dei Faggi, la Capèla do Fáo, dove la sosta è favorita dalla presenza di due lunghi sedili di pietra. Nella nicchia è posta una statua della Madonna Immacolata; sul frontone si legge la data “1910”. Due cartigli sul davanti recitano: “Tota pulcra / es Maria” (Tutta bella sei).
Continuo attraverso il piccolo maggengo Somlör e più in alto all’Alpe Mondada, il cui toponimo deriva dal latino mundare, pulire, nel significato di ripulire un terreno adattandolo all’attività agricola. Dove la superficie prativa si accentua si notano numerosi terrazzamenti; qui si coltivavano segale e patate. All’estremità sud del prato spicca un grande masso che affiora dal terreno: la Prèda da Scing’öra; veniva utilizzata per raccogliere e conservare l’acqua meteorica.
Dopo circa un’ora di cammino, in cima ai prati della Mondàda, pervengo al maggengo Scinghiöra (1130 m). Oltre alle dieci abitazioni e alle undici stalle, si contano sette cisterne e una grande vasca monolitica. Fino alla metà del secolo scorso si saliva su questo monte da metà marzo fino a metà giugno e vi si tornava con il bestiame da metà settembre a fine ottobre.
Ancora dieci minuti ed eccomi al Lièd (1190 m), un pianoro con quattro cascine, parzialmente protette dalla valanghe da un dosso roccioso chiamato Sass Scraváo.
Dopo aver lanciato uno sguardo sul successivo tratto di sentiero, mi pervade un po’ di preoccupazione. Alla sinistra si sviluppa un lungo e ripido avvallamento, il Caurgo, che permetterebbe di salire in direttissima verso la grande croce del Monte di Cima; non ci sono nemmeno le tracce delle capre: non mi dà fiducia. Del resto anche l’applicazione Svizzera Mobile non segnala in questo burrone alcun percorso. Alla destra dell’intaglio si delinea il promontorio chiamato dalla gente del posto Zücher. I suoi fianchi rocciosi incutono rispetto. Il sentiero, demarcato in bianco/rosso, si sviluppa su una stretta cengia, la Sénda, che in senso antiorario gli gira attorno. Il transito è impraticabile per le vacche e serve unicamente a persone e a capre. In un tratto di una decina di metri, il percorso è esposto. Come se non bastasse, il fondo è ricoperto di abbondanti foglie secche che rendono insidioso questo passaggio. Lo affronto con la massima concentrazione, senza togliere lo sguardo dal punto di appoggio dei piedi.
Dalla località Chialp (1260 m), un toponimo che deriva probabilmente da c’àpa, calvizie, pelata, con riferimento alla zona in passato priva di vegetazione arborea e cespugliosa, abbandono il sentiero demarcato e svolto a sinistra, in forte salita. Il sentierino passa di fianco a cascine crollate, quindi entra nel fitto bosco dove spesso scompare sotto l’importante strato di foglie. Ancora una volta è l’applicazione Svizzera Mobile a togliermi d’impiccio.
Eccomi alla baita “el Tècc da Palmíra”, trasformata in abitazione nel 1980, che corrisponde al primo edificio del Monte di Cima (1525 m). Mi concedo una breve sosta ristoratrice, quindi mi avvicino alla grande croce eretta all’estremità della rupe Sasséll. Essa domina la valle ed è visibile da lontano. Sul basamento in pietra si leggono delle scritte che ricordano le ricorrenze dell’anno santo, anniversari che si ripetono ogni 25 anni. In quell’occasione si tiene una grande festa con la celebrazione della santa messa.
Al Monte di Cima incontro le uniche persone di tutta l’escursione: due uomini e un ragazzo intenti a riattare una baita. Ne approfitto per scambiare qualche chiacchiera e per avere delle informazioni sulla meta principale della gita odierna. Il sentiero per l’Alpe Larécc inizia all’estremità nord-est del monte e si stacca alla sinistra 110 m dopo la croce.
Il percorso in alcuni punti è sbarrato da alberi caduti da poco tempo e non ancora rimossi; sono costretto a faticosi aggiramenti o a contorsioni fra rami e tronchi. Circa a metà strada supera un avvallamento e una costa rocciosa denominata el Mött da Ciodénda (1600 m). Dopo 50 min di cammino dal Monte di Cima raggiungo l’Alp da Larécc (1828 m). È un alpe piccolo, con pascoli poco estesi contesi nella parte inferiore al lariceto e nella parte alta ai depositi di frane e al pietrame. Sia la cascina che la stalla sono attualmente in fase di ristrutturazione; di fronte agli stabili sono depositate delle palette cariche di piode di gneiss per il tetto. Scatto delle foto panoramiche alle cime innevate del versante sinistro della Lavizzara, dominate dal Pizzo Campo Tencia.
Cerco il sentiero che sale verso il corte Cassinígn, dove ci si fermava una sola settimana, a causa della struttura arcaica, primitiva, che accoglieva i pastori e della carenza d’acqua. Ma è proprio questa peculiarità che mi ha indotto a mobilitarmi per questa gita.
Il sentierino, non riportato dalla carta topografica, parte dalla cascina dell’Alpe Larécc in direzione sud-sud-ovest ed è segnalato con dei bollini rossi sui tronchi dei larici. È denominato dalle persone della valle “Sentée ad Méz”; attraversa obliquamente il rado bosco di larici. Nel 2009 è stato ripristinato da alcuni volontari. Mi bastano 20 minuti per raggiungere la conca con depositi di frana del Cassinígn. L’agognata meta, che mi ha fatto alzare presto, mi ha fatto percorrere oltre novanta chilometri d’auto e mi ha fatto camminare per sette ore è già visibile da alcune decine di metri di distanza.
La Grónda dal Amábil
La Grónda dal Amábil è una spelonca formatasi sotto un lastrone di gneiss appoggiatosi su alcuni massi che lo tengono sollevato dal terreno. Il vano sottoroccia è alto al massimo un metro e cinquanta, ma malgrado l’esiguità dello spazio gli alpigiani ne hanno fatto una dimora primitiva, nella quale si accendeva il fuoco, si produceva il formaggio, come testimonia la presenza di uno sgocciolatoio, la spersola, e in un angolo potevano dormire a malapena due persone in posizione rannicchiata. Questo antro è stato utilizzato fino agli anni Trenta del secolo scorso.
Amábil si riferisce probabilmente ad Amabile Conti (1887-1968) di Menzonio.
Bellissima escursione alla ricerca di una spelonca, uno sprügh, in un corte sperduto dell’Alpe Larécc. La Grónda dal Amábil merita una visita: ci si deve ripiegare per entrarci, forse l’alpigiano si inginocchiava per accendere il fuoco e per produrre il formaggio. Il giaciglio per passare la notte si raggiungeva a carponi…
Tutto questo solo fino a novant’anni fa.
È una passeggiata che invita a lasciar vagare lo sguardo, sollecita la riflessione e la meditazione.
Tempo totale: 7 h
Tempi parziali:
Menzonio (731 m) – Scinghiöra (1130 m): 1 h
Scinghiöra (1130 m) – Chialp (1260 m): 40 min
Chialp (1260 m) – Monte di Cima (1525 m): 35 min
Monte di Cima (1525 m) – Alpe Larécc (1828 m): 50 min
Alpe Larécc (1828 m) – Cassignín (1940 m): 20 min
Dislivello in salita: 1392 m
Quota massima: 1959 m
Quota minima: 715 m
Sviluppo complessivo: 12,5 km
Difficoltà: T3
Coordinate Alpe Larécc: 692'006/137'671
Copertura della rete cellulare: Swisscom buona.
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