Poggio Passo del Cavallo
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Un toponimo - Poggio Passo del Cavallo - che genera qualche confusione: più di una quota cartografata, un ometto di pietre sulla cresta ma non sulle quote e obiettivamente nessun passo degno di questo nome. [Certo, a seconda delle capacità e dell'attrezzatura, si può passare quasi ovunque, ma da qui a chiamare passo un qualunque canalone dirupato...]. Inoltre possiamo aggiungere la presenza di un bivacco - chiuso - la cui utilità rimane misteriosa (se vogliamo escluderne l'uso autunnale come base per cacciatori di ungulati) in una zona piuttosto marginale alle rotte escursionistiche, ma ricca di antichi sentieri dimenticati ancora a tratti leggibili sul terreno, nonostante l'adiacenza ad un alpeggio - il consorzio Prato Isio-Alpe Caldenno - ancora caricato, ma trasformato anche in agglomerato di baite di vacanza.
Tutto questo non è sufficiente stimolo per una visita?
Dal piazzaletto del parcheggio si prosegue sulla pista forestale, da qui in avanti aperta ai soli autorizzati. La traccia, in lieve costante salita, taglia i fianchi boscosi e scoscesi del versante destro della Valle di Postalesio; in breve si porta all'aperto sui pascoli dell'Alpe Caldenno: da qui non bisogna più seguire i segni a vernice del Sentiero Italia, che attraversa il fiume dirigendosi verso il Passo Caldenno e la Valmalenco. Si mantiene la destra idrografica passando fra sparse baite ristrutturate e poi si prosegue a breve distanza dal torrente seguendo vaghe tracce nell'erba [un muro a secco con un cartello giallo ormai privo di scritte caratterizza l'invisibile partenza del sentiero diretto per il Bivacco Ai Fop, nostra via di discesa]; quando la pendenza inizia ad intensificarsi si incappa in un ottimo sentiero ancora ben delineato, benchè del tutto coperto di erba. Si risale il pendio oltrepassando due cupole metalliche per l'ispezione di un acquedotto interrato, andando a raggiungere una pianura pensile attraversata dai meandri del torrente; la salita continua attraversando una costa erbosa, dove il sentiero volge verso la parte alta della valletta che, ormai molto più in basso, ospita il visibile bivacco. Momentaneamente senza traccia, si taglia un pendio rasato da valanghe e franette superficiali: in una sorta di canale diagonale si ritrova il sentiero e ci si porta a raggiungere quella che in apparenza è la cresta di confine con la Valtellina.
Solo apparentemente, appunto, perchè in questo tratto il crinale è larghissimo e si presenta addirittura in forma di valletta a pascolo. In modo del tutto inaspettato si intercetta un sentiero che segue la cresta in ambedue le direzioni: lo sfrutteremo completamente sia all'andata che al ritorno. Si prosegue quindi verso destra, con pendenza rilevante su pascolo a zolle gradinate, fino a raggiungere definitivamente la parte affilata del crinale; la traccia, ridotta ora ad un passaggio di capre, segue dove possibile il filo di cresta, oppure scende in grande esposizione ad attraversare qualche metro più in basso sul versante orientale: si procede usando talora le mani per mantenere l'equilibrio sui ciuffi d'erba o su affioramenti di roccia scheggiosa ed infida. A questo punto stiamo percorrendo la linea di confine con la Val Vignone (in fondo si riconoscono le baite di Baric) e abbiamo raggiunto la seconda quota IGM: qui le capre hanno abbandonato la lama rocciosa sulla cresta e sono scese per parecchi metri lungo un canalone attualmente fangoso per poi tornare sul filo apparentemente senza difficoltà. Per noi oggi basta così, ma in lontananza si scorge una croce (della quale non ho trovato alcuna notizia) alla base di una spalla di rocce rotte che si porta a convergere sulla punta orientale del Pizzo Bello...
Si ricalca quindi il sentiero delle capre, seguendolo anche oltre il punto in cui l'avevamo raggiunto in salita: la traccia è molto marcata, rovinata da qualche frana ed erosa dallo scorrimento delle acque; in breve si raggiunge la Bocchetta Q2300, raggiunta da un evidente ma misterioso sentiero che sale da sudovest. Ormai non ci si trova molto lontani dal bivacco, anzi è ben visibile, ma il sentiero - minimo - che lo raggiunge tende a disperdersi nelle vecchie tracce di bovini al pascolo. La costruzione del Bivacco "Ai Fop", che avevamo già visitato nel 2008, appare un po' degradata dal passare del tempo e la presenza degli scarti di manutenzione non smaltiti accentua il senso di trascuratezza. Dalla piccola conca che ospita il bivacco si scende ai vicini ruderi del vecchio alpeggio e poi, con una lunga serie di strette serpentine, si ritorna al fondovalle dell'Alpe Caldenno. Ripercorriamo la pista forestale già salita all'andata fino all'ingresso nel bosco, dove si può notare l'imbocco di un sentiero: è la vecchia via di accesso all'alpeggio, che scorre poche decine di metri sopra la sterrata, ma con un percorso molto più interessante ed accattivante. Termina a margine del piazzale di parcheggio e, tutto considerato, sembra consigliabile sia per l'andata che per il ritorno.
Tutto questo non è sufficiente stimolo per una visita?
Dal piazzaletto del parcheggio si prosegue sulla pista forestale, da qui in avanti aperta ai soli autorizzati. La traccia, in lieve costante salita, taglia i fianchi boscosi e scoscesi del versante destro della Valle di Postalesio; in breve si porta all'aperto sui pascoli dell'Alpe Caldenno: da qui non bisogna più seguire i segni a vernice del Sentiero Italia, che attraversa il fiume dirigendosi verso il Passo Caldenno e la Valmalenco. Si mantiene la destra idrografica passando fra sparse baite ristrutturate e poi si prosegue a breve distanza dal torrente seguendo vaghe tracce nell'erba [un muro a secco con un cartello giallo ormai privo di scritte caratterizza l'invisibile partenza del sentiero diretto per il Bivacco Ai Fop, nostra via di discesa]; quando la pendenza inizia ad intensificarsi si incappa in un ottimo sentiero ancora ben delineato, benchè del tutto coperto di erba. Si risale il pendio oltrepassando due cupole metalliche per l'ispezione di un acquedotto interrato, andando a raggiungere una pianura pensile attraversata dai meandri del torrente; la salita continua attraversando una costa erbosa, dove il sentiero volge verso la parte alta della valletta che, ormai molto più in basso, ospita il visibile bivacco. Momentaneamente senza traccia, si taglia un pendio rasato da valanghe e franette superficiali: in una sorta di canale diagonale si ritrova il sentiero e ci si porta a raggiungere quella che in apparenza è la cresta di confine con la Valtellina.
Solo apparentemente, appunto, perchè in questo tratto il crinale è larghissimo e si presenta addirittura in forma di valletta a pascolo. In modo del tutto inaspettato si intercetta un sentiero che segue la cresta in ambedue le direzioni: lo sfrutteremo completamente sia all'andata che al ritorno. Si prosegue quindi verso destra, con pendenza rilevante su pascolo a zolle gradinate, fino a raggiungere definitivamente la parte affilata del crinale; la traccia, ridotta ora ad un passaggio di capre, segue dove possibile il filo di cresta, oppure scende in grande esposizione ad attraversare qualche metro più in basso sul versante orientale: si procede usando talora le mani per mantenere l'equilibrio sui ciuffi d'erba o su affioramenti di roccia scheggiosa ed infida. A questo punto stiamo percorrendo la linea di confine con la Val Vignone (in fondo si riconoscono le baite di Baric) e abbiamo raggiunto la seconda quota IGM: qui le capre hanno abbandonato la lama rocciosa sulla cresta e sono scese per parecchi metri lungo un canalone attualmente fangoso per poi tornare sul filo apparentemente senza difficoltà. Per noi oggi basta così, ma in lontananza si scorge una croce (della quale non ho trovato alcuna notizia) alla base di una spalla di rocce rotte che si porta a convergere sulla punta orientale del Pizzo Bello...
Si ricalca quindi il sentiero delle capre, seguendolo anche oltre il punto in cui l'avevamo raggiunto in salita: la traccia è molto marcata, rovinata da qualche frana ed erosa dallo scorrimento delle acque; in breve si raggiunge la Bocchetta Q2300, raggiunta da un evidente ma misterioso sentiero che sale da sudovest. Ormai non ci si trova molto lontani dal bivacco, anzi è ben visibile, ma il sentiero - minimo - che lo raggiunge tende a disperdersi nelle vecchie tracce di bovini al pascolo. La costruzione del Bivacco "Ai Fop", che avevamo già visitato nel 2008, appare un po' degradata dal passare del tempo e la presenza degli scarti di manutenzione non smaltiti accentua il senso di trascuratezza. Dalla piccola conca che ospita il bivacco si scende ai vicini ruderi del vecchio alpeggio e poi, con una lunga serie di strette serpentine, si ritorna al fondovalle dell'Alpe Caldenno. Ripercorriamo la pista forestale già salita all'andata fino all'ingresso nel bosco, dove si può notare l'imbocco di un sentiero: è la vecchia via di accesso all'alpeggio, che scorre poche decine di metri sopra la sterrata, ma con un percorso molto più interessante ed accattivante. Termina a margine del piazzale di parcheggio e, tutto considerato, sembra consigliabile sia per l'andata che per il ritorno.
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