Rotonda di San Tomé ad Almenno San Bartolomeo


Publiziert von Alberto C. , 25. Juni 2017 um 20:49.

Region: Welt » Italien » Lombardei
Tour Datum:28 Mai 2017
Mountainbike Schwierigkeit: L - Leicht fahrbar
Wegpunkte:
Zeitbedarf: 2:15
Aufstieg: 285 m
Abstieg: 285 m
Strecke:Curno, Mozzo, zona industriale di Mozzo, Valbrembo, Le Cornelle, campo di volo, lungo sponda sinistra (orografica) del fiume Brembo, Paladina, Villa d'Almè, Almenno San Salvatore, Rotonda di San Tomé. Single track fino alla zona delle cave di Brembate sopra, Almenno San Salvatore, Villa d'Almè, Almè, Paladina, Mozzo, Curno.
Zufahrt zum Ausgangspunkt:Percorrendo l'autostrada A4 (Milano-Venezia) uscire a Dalmine e seguire le indicazioni per la Valle Brembana. Al termine della strada a doppia carreggiata, seguire le indicazioni per Bergamo. Il parcheggio si trova subito dopo la prima rotatoria che si incontra.

La meta, la Rotonda si San Tomè ad Almenno San Bartolomeo (Bergamo), merita sicuramente attenzione. Si tratta di uno dei più interessanti esempi di romanico della Lombardia.

Per raggiungere San Tomé siamo andati un po' a zonzo, e l'itinerario seguito non riveste particolare interesse. 

LOCALITA' DI PARTENZA.  Curno.

DIFFICOLTÀ.   Tranne un tratto di single track, dopo San Tomè, e il tratto lungo il fiume Brembo, si svolge sulla viabilità ordinaria e su qualche tratto di percorso ciclabile.

QUOTA MASSIMA:  m 300 ad Almè.
QUOTA MINIMA:  m 228 lungo la sponda del fiume Brembo.

SVILUPPO:  km 31,4

METEO. Sereno.
  
COMPAGNI:  Andrea.

Per incuriosirvi riporto qualche notizia sulla Rotonda di San Tomé tratta da Wikipedia.

La Rotonda di San Tomè, o solo San Tomè come è più generalmente nota, si trova nel territorio del comune di Almenno San Bartolomeo. Si tratta di un edificio ecclesiale a pianta circolare in stile romanico risalente alla prima metà del XII secolo, dedicato a san Tommaso.
 
Non c'è certezza storica sulla datazione dell'attuale Rotonda di San Tomè.
 
Il territorio su cui sorge la rotonda, faceva parte di un ben più ampio comprensorio abitato già in epoca precristiana dai Galli Cenomani, tradizionali alleati di Roma di cui acquisirono la cittadinanza nel 49 a.C., denominato Lemine.
Il Rotulum decimarum del 1353[3] ne precisava l'ubicazione « in territorio burgi de lemine ubi dicitur ad pontem S.ti Thomei. »
I romani lasciarono tracce notevoli della loro presenza in questo territorio importantissimo sotto l'aspetto strategico, percorso dalla strada militare che collegava Bergamo a Como, parte terminale di quella che univa il Friuli alle regioni retiche.
 
Alcuni studiosi hanno ritenuto che la chiesa poggiasse sui resti di un antico tempio romano a causa di alcuni imponenti pezzi di muro che ne avrebbero potuto costituire parte delle fondazioni. Ipotesi questa che è stata contraddetta da recenti ricerche archeologiche, anche se la zona ha vissuto una notevole presenza romana.
Altri l'hanno fatta risalire al periodo longobardo, magari a Teodolinda; altri ancora hanno propeso per il periodo franco.
Si è concordi invece nel ritenere che in epoca franca, sotto i conti di Lecco, signori del territorio, sia stato costruito un primo edificio ecclesiale di forma rotonda che alcuni elementi architettonici, riutilizzati nella sua seconda ricostruzione, datano attorno al X secolo.
Non aiuta, per la datazione, la sua architettura che fra l'altro ha subito notevoli rimaneggiamenti e una ricostruzione tra la fine dell'XI secolo e l'inizio del XII. La sua struttura circolare, il suo sviluppo verticale e concentrico, la sua somiglianza con il Duomo vecchio di Brescia piuttosto che con il battistero di san Giovanni di Arsago Seprio ne impediscono una datazione antecedente l'anno 1000.
 
Il trascorrere del tempo, in un'epoca particolarmente tumultuosa, la probabile disattenzione dei fedeli pressati da altre urgenze e, non ultima, la tecnica di costruzione piuttosto primitiva contribuirono al degrado della primitiva chiesa attribuita al periodo franco.
Tale degrado doveva essere così grave all'alba del XII secolo da spingere il Vescovo di Bergamo alla ricostruzione ex novo del tempio, utilizzando le fondazioni del precedente e tutti quei materiali il cui stato ne consentiva il recupero, come le colonne ed i capitelli che furono riutilizzati nel piano terra della Rotonda.
Si può facilmente osservare come queste colonne siano state allungate, per adeguarle al nuovo progetto, appoggiandole su capitelli capovolti che così ne costituiscono la base, o inserendovi dei pezzi di altre colonne con un risultato scenografico di grande bellezza, eleganza ed imponenza al tempo stesso.
Non si hanno atti storici da cui ricavare una data certa di questa ricostruzione ma dalla analisi stilistica della sua architettura, dallo studio dei materiali usati e della tecnica costruttiva è stato indicato come il più probabile il periodo che intercorre tra il 1130 e il 1150.
Solo dopo il 1180 compaiono atti da cui si desume l'esistenza della Rotonda a quella data.
Verso la fine del XII secolo furono aggiunti alla Rotonda il presbiterio e l'abside creando all'esterno un gioco di volumi ascendenti che ne snelliscono e movimentano la struttura.
 
Alla ricostruzione della chiesa di San Tomè seguì, alla fine del 1100 e su iniziativa dell'episcopato di Bergamo, la fondazione di un piccolo monastero femminile contiguo e unito alla chiesa stessa. Il monastero avrebbe dovuto assolvere, oltre all'esigenza di un luogo di preghiera e di rifugio femminile, alla custodia e alla manutenzione della chiesa. Anche in questo caso non si ha una datazione certa ma solo presunta; l'unica data sicura è quella riportata in un documento del 1203 che ne testimonia l'esistenza, ricavando da ciò che la sua costruzione era necessariamente antecedente, forse contemporanea a quella del presbiterio e dell'abside.
Il convento ospitò monache di provenienza locale appartenenti alla classe sociale medio-alta e qualcuna alla nobiltà di Bergamo.
Il monastero, sempre sottoposto all'autorità e al controllo episcopale, ebbe una vita abbastanza travagliata specialmente nel XIV secolo, con scandali di ordine morale e finanziario che ne minarono la credibilità.
Lentamente ma inesorabilmente iniziò la decadenza del complesso, accelerata anche dalle lotte tra guelfi e ghibellini che infuriavano nel territorio coinvolgendo San Tomè e il suo monastero. Il complesso monastico cessò di esistere come istituzione nel luglio del 1407 quando, con i suoi beni e la chiesa, fu incamerato dal Vescovo di Bergamo.
Dell'edificio conventuale non è rimasto altro che qualche traccia come i resti del muro d'innesto nella rotonda e tracce di fondazioni che si suppongono suoi.
 
Dopo l'incameramento del complesso di San Tomè, chiesa, convento e terreni da parte del Vescovo seguì un periodo d'incertezza e di abbandono.
 
I terreni, i beni più appetiti, furono dati in affitto ad affittuari a cui poco importava della chiesa che lasciarono nel più completo abbandono. Vi fu un effimero tentativo dell'episcopato di salvare dal degrado San Tomè e il convento affidandoli a degli eremiti ma con scarsi risultati. Si arrivò così al 29 aprile 1536 quando l'episcopato vendette il complesso ecclesiale alla Prepositura di San Salvatore di Almenno.
 
 
 
San Tomè è uno dei più leggiadri esempi di architettura romanico-bergamasca con caratteri stilistici evoluti, anche se propri e tipici di tutto il romanico.
Si tratta di una costruzione a pianta circolare e a struttura piramidale formata da tre volumi cilindrici concentrici sovrapposti e degradanti, opera di artigiani sapienti e informati dei movimenti artistici che attraversavano l'Europa dell'epoca, capaci tuttavia di mantenere una propria autonomia espressiva tale da rendere la rotonda un'opera unica nel panorama romanico italiano.
La rotonda, che richiama nella struttura, pur differenziandosene, la cappella Palatina di Aquisgrana piuttosto che il battistero di Arsago Seprio o il Duomo Vecchio di Brescia, suggerisce una sensazione di eleganza e di leggerezza a cui contribuiscono le nervature verticali, delle semicolonne sul primo corpo, che ad intervalli quasi regolari ne scandiscono e slanciano la superficie esterna.
Il gioco delle ombre creato da queste nervature conferisce all'edificio un aspetto quasi teatrale che si inserisce in un paesaggio campestre, alla sommità di un pendio boscoso, fiancheggiato da filari di alberi cui fa da quinta, in lontananza, la corona delle Orobie in una sorta di magica e surreale sovrapposizione di fondali, di toni, di contesti.
La parete esterna del secondo volume, il matroneo, è alleggerita da lesene piatte, mentre quella del terzo, la lanterna, non presenta sporgenze ma quattro eleganti bifore contrapposte che ne sottolineano la leggerezza.
Dalla parte posteriore della rotonda fuoriescono il presbiterio rettangolare e l'abside semicircolare,
« secondo un andamento scalare, definito dalle due differenti quote di imposta delle coperture che incentivano, di sicuro non casualmente, una scansione di cinque gradoni che portano alla sommità. Verso l'alto. »
L'insieme, presbiterio e abside, innervato nella parte orientale della rotonda, secondo la più diffusa tradizione romanica restituiscono un effetto plastico di grande armonia architettonica.
Le pareti, incorniciate nel sottogronda da una ornatura ad archetti nei primi due volumi della rotonda, ad archetti intrecciati nell'abside e nel presbiterio, presentano delle finestrelle e delle feritoie che oltre a snellire la struttura ne costituiscono efficaci sorgenti di luce.
L'interno del primo corpo è caratterizzato da otto colonne che seguono un percorso circolare creando due spazi concentrici con degli effetti chiaroscurali di particolare fascino; la parete circostante è scandita da nicchie che ne muovono lo sviluppo in un magico gioco d'ombre esaltato da semicolonne su cui poggiano eleganti capitelli; vi è anche traccia di un affresco ancora leggibile.
Il matroneo, il corpo superiore, presenta anch'esso otto colonne, sovrastanti quelle inferiori, che creano un corridoio circolare, il deambulatorio, che si affaccia sul vuoto centrale del corpo inferiore.
Alcune tracce di affreschi piuttosto degradati ingentiliscono l'absidiola del matroneo. L'affresco, di anonimo, raffigura un'Annunciazione ed è racchiuso in una mandorla che copre la parte interna della semicupola dell'absidiola. Dio, al centro e in posizione dominante, campeggia la scena mentre si svolge il dialogo fra l'Angelo e la Vergine in una narrazione permeata da rustica vivacità e da attenzione per il particolare.
Si tratta di un'opera, probabilmente trecentesca, dai colori vivi e dalla descrizione vivace e realistica, che testimonia la devozione popolare verso la Vergine: tema piuttosto comune e diffuso nell'iconografia religiosa dell'epoca nel territorio.
La decorazione della rotonda, prevalentemente di tipo scultoreo, è costituita dalle colonne che suddividono le aree del corpo principale e del matroneo, dalle mezze colonne appoggiate alle pareti interne e dalle nicchie inserite nelle pareti stesse. 
La diffusione e distribuzione della luce all'interno della rotonda diventa elemento decorativo teso a esaltare gli apparati architettonici che fanno da proscenio alle funzioni liturgiche.
 
La proiezione delle ombre create dalle colonne e la scelta della aperture rispondono a un disegno tipico dell'architettura romanica attenta ai cicli solari nelle diverse stagioni, nei diversi luoghi, nelle diverse ore: la monumentalità dell'edificio è esaltata dai giochi di luce che la scansione del tempo crea.
Sul tutto svetta la lanterna circolare da cui piove all'interno una luce quasi mistica che attira lo spettatore al centro della rotonda.
Durante gli equinozi un raggio di sole attraversa la rotonda e colpisce il tabernacolo posto nell'abside creando così uno spettacolo affascinante e magico in cui le colonne sembrano muoversi come muti officianti.

Tourengänger: Alberto C.
Communities: I and my Bike


Minimap
0Km
Klicke um zu zeichnen. Klicke auf den letzten Punkt um das Zeichnen zu beenden

Galerie


In einem neuen Fenster öffnen · Im gleichen Fenster öffnen


Kommentare (1)


Kommentar hinzufügen

gbal hat gesagt:
Gesendet am 28. Juni 2017 um 19:47
Bravo Alberto. Interessanti anche le notizie culturali sula meta della tua pedalata.


Kommentar hinzufügen»