Bocchetta di Valfùbia e... dintorni
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...come andare in Val Codera e - dopo un inevitabile primo tratto "pubblico" - non trovare anima viva. La "normale" suddetta Val Codera è già di per sé uno spettacolo della natura e del lavoro umano: dalle rive del Lago di Mezzola, salendo mirabili scalinate di granito, ci si addentra con limitate pendenze nel cuore e ai piedi delle grandi pareti alpinistiche del gruppo Màsino-Bregaglia; la facilità del percorso, la bellezza dei luoghi e la numerosa presenza di locande e rifugi fanno in modo che la frequentazione turistica sia molto elevata per tutto l'anno, o almeno finchè la neve non arriva a "disturbare". Però c'è modo di frequentare diversamente la valle: le antiche attività pastorali, venatorie e forestali hanno lasciato tracce di passaggio e di stanzialità che gli escursionisti sul fondovalle nemmeno immaginano. Con l'ispirazione e l'aiuto di siti web ("Itineralp" e "Le Montagne Divertenti") - e la dovuta cautela - si può cominciare ad avvicinarsi a queste alternative seguendo gli itinerari più facili ed evidenti. Questa gita ne è un esempio.
Dal parcheggio di Mezzolpiano si imbocca la mulattiera scalinata per la Val Codera; lunghi tratti di acciottolato salgono a risvolti nel bosco di querce e castagni alternandosi - quando la pendenza lo richiede - a rampe gradinate. Oltrepassato il bivio con il sentiero proveniente dalla Montagnola, la strada si addentra in una parete rocciosa caratterizzata da antiche cave di granito e più recenti franamenti: qui la salita avviene esclusivamente tramite interminabili e indimenticabili sequenze di gradini. Una inaspettata e riposante discesa introduce alla risalita di una valletta secondaria che sbuca alle case inferiori di Avedèe: pochi passi e si raggiunge il poggio erboso - panoramicissimo - che ospita la chiesetta della contrada e una stazione di frazionamento della teleferica per Codera. Qui si abbandona la via per la valle; girando alle spalle della cappella, si raggiungono le baite del nucleo principale di Avedèe. Passando fra le abitazioni, ci si porta ai terrazzamenti abbandonati che precedono il bosco: risalendo le scalette di servizio - un po' a destra e un po' a sinistra - ci si imbatte rapidamente in un bel sentiero che traversa a destra fra i castagni; la salita diventa subito ripida e zigzagante sul pendio (l'alta frequentazione di capre moltiplica per un breve tratto il numero di tracce) fino a raggiungere un dosso soleggiato con tre baite disseminate sulla pendenza: circa all'altezza della seconda si dirama - di nuovo a destra - un traverso diretto al profondo della Valghera, che dovremo risalire. [Per intendersi, la Valghera è il vallone fortemente detritico che si oltrepassa, lungo la salita a Codera, protetti dalla galleria artificiale paravalanghe/paramassi.] Il sentiero, ormai poco frequentato ma ben delineato, guadagna rapidamente quota con strette serpentine talora gradinate sul versante sinistro del solco; un ulteriore avvicinamento al fondo avviene tramite il percorso di due (ma poi sono quasi tre) esposte cenge, frutto di un adattamento parzialmente artificiale di una parete rocciosa e di due scivoli di roccia. Il fondovalle si raggiunge su terreno ghiaioso ai piedi di una impressionante parete di rocce chiare (pericolo di caduta sassi); si sale per la massima pendenza oltrepassando due piccoli recinti per i capretti e una vasta grotta/stalla scavata sotto la parete aggettante. In pochi passi, con qualche breve traverso sul pendio, si raggiunge la conca della Bocchetta di Valfubia: notevole il contrasto con il nuovo versante, dove un pascolo luminoso ospita due baite che stanno per essere inglobate dall'invadente bosco di betulle. La posizione della bocchetta, pur concedendo un bel colpo d'occhio sul sottostante Piano di Chiavenna, è troppo incassata sotto il Motto di Avedèe per concedere altre visuali, per cui è vivamente consigliabile proseguire sulla destra a fianco del muro di protezione fino a ritrovare una traccia di animali che risale i dossi susseguentisi in direzione della parete occidentale del Sass Bianc: il punto di arrivo è una sommità arrotondata che rimane separata dalla cima tramite un avvallamento di pascolo circondato da un mare di rododendri. Spettacolari il panorama sul Lago di Como e l'insolita inquadratura della testata della Val Codera con il dominante Pizzo Badile.
Ritorno per la via di andata.
Dal parcheggio di Mezzolpiano si imbocca la mulattiera scalinata per la Val Codera; lunghi tratti di acciottolato salgono a risvolti nel bosco di querce e castagni alternandosi - quando la pendenza lo richiede - a rampe gradinate. Oltrepassato il bivio con il sentiero proveniente dalla Montagnola, la strada si addentra in una parete rocciosa caratterizzata da antiche cave di granito e più recenti franamenti: qui la salita avviene esclusivamente tramite interminabili e indimenticabili sequenze di gradini. Una inaspettata e riposante discesa introduce alla risalita di una valletta secondaria che sbuca alle case inferiori di Avedèe: pochi passi e si raggiunge il poggio erboso - panoramicissimo - che ospita la chiesetta della contrada e una stazione di frazionamento della teleferica per Codera. Qui si abbandona la via per la valle; girando alle spalle della cappella, si raggiungono le baite del nucleo principale di Avedèe. Passando fra le abitazioni, ci si porta ai terrazzamenti abbandonati che precedono il bosco: risalendo le scalette di servizio - un po' a destra e un po' a sinistra - ci si imbatte rapidamente in un bel sentiero che traversa a destra fra i castagni; la salita diventa subito ripida e zigzagante sul pendio (l'alta frequentazione di capre moltiplica per un breve tratto il numero di tracce) fino a raggiungere un dosso soleggiato con tre baite disseminate sulla pendenza: circa all'altezza della seconda si dirama - di nuovo a destra - un traverso diretto al profondo della Valghera, che dovremo risalire. [Per intendersi, la Valghera è il vallone fortemente detritico che si oltrepassa, lungo la salita a Codera, protetti dalla galleria artificiale paravalanghe/paramassi.] Il sentiero, ormai poco frequentato ma ben delineato, guadagna rapidamente quota con strette serpentine talora gradinate sul versante sinistro del solco; un ulteriore avvicinamento al fondo avviene tramite il percorso di due (ma poi sono quasi tre) esposte cenge, frutto di un adattamento parzialmente artificiale di una parete rocciosa e di due scivoli di roccia. Il fondovalle si raggiunge su terreno ghiaioso ai piedi di una impressionante parete di rocce chiare (pericolo di caduta sassi); si sale per la massima pendenza oltrepassando due piccoli recinti per i capretti e una vasta grotta/stalla scavata sotto la parete aggettante. In pochi passi, con qualche breve traverso sul pendio, si raggiunge la conca della Bocchetta di Valfubia: notevole il contrasto con il nuovo versante, dove un pascolo luminoso ospita due baite che stanno per essere inglobate dall'invadente bosco di betulle. La posizione della bocchetta, pur concedendo un bel colpo d'occhio sul sottostante Piano di Chiavenna, è troppo incassata sotto il Motto di Avedèe per concedere altre visuali, per cui è vivamente consigliabile proseguire sulla destra a fianco del muro di protezione fino a ritrovare una traccia di animali che risale i dossi susseguentisi in direzione della parete occidentale del Sass Bianc: il punto di arrivo è una sommità arrotondata che rimane separata dalla cima tramite un avvallamento di pascolo circondato da un mare di rododendri. Spettacolari il panorama sul Lago di Como e l'insolita inquadratura della testata della Val Codera con il dominante Pizzo Badile.
Ritorno per la via di andata.
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