Lo scomodo attrezzo che portiamo con noi in montagna,è divenuto un fedele compagno di gite,nonostante le maledizioni che le invochiamo:lo troviamo in tutte le zone scomode, davanti e dietro lo zaino, sotto la schiena , attorcigliato al collo ecc.. ecc.., soprattutto chi ha una reflex con maggior ingombro e magari con degli obiettivi intercambiabili è un vero calvario,per non parlare dell’uso con i guanti.
Il piccolo e fastdioso scrigno però racchiude dei tesori, momenti magici,unici, irripetibili: "L’attimo fuggente".
Non sono un fotografo, semplicemente un grande fotoamatore con alle spalle qualche corso avanzato di fotografia\sviluppo in analogico e lettura di qualche rivista.
Le mie gite in montagna han sempre un unico obiettivo, fotografare nuovi posti, catturare nuove immagini,una volta si diceva impressionare una pellicola,con il digitale anche qs. termine è scomparso.
Non cerco la cima o il raggiungimento di una meta, ma mi reco in luoghi suggestivi per fotografarli. Il mio obiettivo non è piú la cima da salire da un versante o da una via, ma la foto. Quando salgo su un 4000 metri, oppure un 3000 metri ,l’obiettivo della cima non è primario, penso alle centinaia di foto, e catture che farò lungo la salita
I paesaggi di montagna, di per se sono belli , cambiano vestito in continuazione,sono scenografici e affascinanti, offrono tantissime possibilità di immagini. Di fronte a tanta bellezza il rischio di ottenere foto banali, ripetitive e scontate è altissimo,una bella foto è come una stella nel firmamento: solamente se splende maggiormente viene notata.
È nell’occhio di chi fotografa la capacità di cogliere l’attimo,”L’attimo fuggente”.
La mia piu' grande gioia, avere mio figlio con il medesimo hobby
http://www.juzaphoto.com/me.php?pg=26638&l=it
Faccio un copia\incolla di una guida che ho trovato molto interessante,buona lettura è…. Soprattutto belle foto.
Per ottenere risultati eccellenti sono necessari, oltre a nozioni tecniche e alla conoscenza dei luoghi, la capacità di sfruttare le varie tipologie della luce, l’attesa del momento giusto e tornare spesso sui propri passi, fino a che le condizioni ambientali siano proprio quelle piú consone al tipo di risultato finale, in modo da ottenere cosí un’immagine “unica”. Unica per il colore, per la luce e per le sensazioni che è in grado di trasmettere all’osservatore. E proprio la luce, in questi anni di ricerca, è diventata l’elemento determinante nel mio modo di fotografare la montagna. Luce classica da paesaggio, radente, come quella che illumina le vette al tramonto o poco dopo l’alba.
Cerco, però, anche un’illuminazione non convenzionale, particolare, come quando un raggio di sole penetra una folta coltre di nubi per illuminare un singolo albero, eleggendolo immediatamente a soggetto principale dell’immagine, o quando da un “ mare “ di nubi spunta improvvisamente una guglia rocciosa. Si tratta, spesso, di attimi fugaci, da cogliere con velocità e prontezza o da attendere per lunghe ore, al caldo del sacco a pelo o al riparo di qualche bivacco - nido d’aquila. Il modo migliore per “cacciare le luci“ è, infatti, dormire in quota. Avremo, cosí, maggiori possibilità di scattare con l’illuminazione migliore: quella vicino al crepuscolo o poco dopo l’alba o quella imprevedibile che conferisce ad un’immagine quel qualcosa di unico. Passeremo, inoltre, piú tempo in loco, avendo sicuramente piú occasioni di cogliere le diverse sfaccettature di un soggetto e i suoi diversi aspetti a seconda delle ore del giorno. Ottimi momenti sono quelli in cui il sole si alterna velocemente alle nuvole, come avviene solo in montagna trasformando cosí, in brevissimo tempo, un’immagine in un'altra.
In alcune vallate, a seconda anche delle stagioni, è piú frequente il verificarsi di certe situazioni. Classico esempio può essere quello del “mare di nuvole”. A volte, infatti, l’aria calda, a contatto con le masse glaciali, si condensa formando nebbie e foschie dalle quali spuntano le cime piú alte. Un fenomeno simile capita spesso in Val Sesia o in alcune zone del Monte Rosa.
I ghiacciai del Monte Rosa formano, infatti, un’imponente barriera che si erge dal fondovalle. L’aria calda proveniente dalla pianura padana non incontra nessun tipo di ostacolo e, in genere nel primo pomeriggio, crea questo particolare fenomeno. In casi come questo, con un minimo d’esperienza, è anche possibile prevedere l’orario con una certa precisione. Conoscere la valle consente anche di sapere, a seconda dell’ora e della stagione, quale sarà l’andamento della luce e, in particolar modo, l’ora dell’alba, del tramonto e quali saranno le cime carezzate dalla magica luce del crepuscolo e quali quelle che si illumineranno di primo mattino.
Dopo una buona sgambata nella neve, l’amara scoperta: sul Cervino non albeggia, nel senso che la luce del mattino si concentra su altre vette che mi consentirono, comunque, di ottenere buoni scatti e di riorganizzarmi per ritrarre, in seguito, il Cervino al tramonto. Oggi mi informo sempre prima, studiando la rotazione del sole e chiedendo informazioni ai valligiani (annoto tutto su preziosi quadernetti). Anche la quota influisce sulle situazioni e sulla qualità di luce che, in genere, migliora con l’altezza, rendendo il cielo molto limpido e terso.
Poco prima dei temporali, o subito dopo, il cielo assume delle tonalità particolari, quasi irreali. Attenzione, però, a rimanere sempre a debita distanza (la luce del temporale è l’unica che non vi consiglio di andare a cercare!). Trovandosi nel bel mezzo della furia degli elementi, sarà bene prendere le dovute precauzioni: cosí come gli alpinisti si allontanano da ramponi, piccozze e ferraglie varie, i fotografi devono allontanarsi dal treppiede (meglio non usare quelli in carbonio). Importante è pure la scelta della stagione. I mesi estivi, luglio e agosto, consentono di frequentare le quote piú alte in modo agevole, meno pericoloso e con un clima che, generalmente, invoglia alle escursioni, anche alle quote piú alte. Nel contempo, però, è di massima importanza la scelta dell’ora di scatto, in quanto la qualità di luce è, a volte e soprattutto nelle ore centrali, limitata dalla presenza di foschia che spesso avvolge le vette. La primavera è ottima per riprendere il disgelo e il rifiorire della vegetazione.
Per le luci e le atmosfere, momenti interessanti sono anche i primi mesi autunnali e il pieno inverno, nonostante tutti i problemi ambientali della stagione. L’autunno ha, infatti, colori eccezionali e luce pulita, limpida; l’inverno (con tutte le precauzioni per il pericolo valanghe e le temperature rigidissime) assicura albe e tramonti coloratissimi e cielo terso per tutta la giornata. Alle basse temperature ricordiamoci di proteggere l’attrezzatura dal freddo: portiamo sempre delle pile di scorta da tenere in una tasca calda e protetta e quando passiamo da un luogo freddo ad uno caldo aspettiamo qualche minuto prima di scattare, a causa della condensa che si forma sull’apparecchio. Per quanto riguarda l’esposizione occorre prestare attenzione alla differenza di illuminazione della scena ed alla eventuale presenza di zone in ombra. I sistemi esposimetrici a matrice delle moderne reflex, infatti, tendono, in questi casi, a privilegiare la leggibilità dell’immagine, schiarendo, quindi le ombre e bruciando le luci.
In montagna situazioni con forti contrasti d’illuminazione sono all’ordine del giorno. Per ottenere buoni risultati è opportuno misurare in spot (o media compensata) le parti illuminate, in modo da ottenere un’esposizione equilibrata. I multizona si rivelano, invece, molto utili per riprendere soggetti sulla neve ove la forte riflessione di quest’ultima renderebbe la scena scura (discorso valido sia per digitale, sia per analogico). Le ottiche migliori sono praticamente tutte, nel senso che nonostante il peso dello zaino, con i generi di prima necessità, (sacco a pelo, giacca a vento ecc.) sarà opportuno munirsi di un buon numero di ottiche, dal grandangolo spinto ad un tele almeno di 200 mm. Capita, infatti, a 3’600 m che improvvisamente si diradino le nuvole: cima illuminata, rosso vermiglio, scenario irripetibile, splendido, atteso da anni! Il tele, però, se ne sta comodo, a riposo nell’armadio di casa; non posso certo pensare di tornare l’indomani per cogliere quest’attimo fuggente!.
Per questo io consiglio di usare degli zoom, purché di ottima qualità. Oltre alla indubbia comodità (in montagna non sempre ci si può spostare avanti e indietro per cercare la migliore inquadratura) si ridurranno notevolmente peso e ingombro, uno dei piú gravi problemi del fotografo di montagna. A meno di non poter usufruire di un esercito di portatori o di un buon mulo alpino, è indispensabile non esagerare con il carico e scegliere l’attrezzatura di volta in volta, a seconda degli scatti che si intende ottenere, della difficoltà e della lunghezza del percorso da intraprendere per raggiungere il luogo di ripresa. Un buon treppiede è assolutamente indispensabile per scattare in condizione di luce scarsa e con pellicole di bassa sensibilità o sensori analogamente regolati, imprescindibili per ottenere immagini di qualità.
Non vanno neanche presi in considerazione treppiedi da tavolo che, al primo alito di vento, non solo comprometterebbero la qualità d’immagine, ma scaraventerebbero a valle la nostra preziosa attrezzatura. Filtri utili sono gli sky o uv per ridurre la dominante azzurra dovuta ai raggi uv, presenti soprattutto alle quote piú alte, e il polarizzatore per saturare i colori. Inutili, invece, i cosiddetti filtri ad effetto, in quanto la natura in sé stessa offre una miriade di colori, sfumature e tonalità di luce (per i patiti di effettorivari, conviene comunque agire in post produzione, via computer).
Per pellicole, o sensibilità dei sensori, è sempre consigliabile la bassa sensibilità, per ottenere la minor grana e il minor rumore possibile e colori vivaci e squillanti.
Infine, ma di assoluta importanza, è informarsi sulle condizioni meteorologiche. Il modo migliore è consultare piú siti web o ascoltare piú pareri e poi redigere una sorta di media. In montagna, infatti, è molto complicato stilare delle previsioni corrette, viste le numerose variabili.
Riassumendo, cercare le luci significa frequentare la montagna nelle diverse stagioni, dormire in quota, prestare attenzione alle previsioni meteo, informarsi a proposito della rotazione del sole, svegliarsi presto e avere una certa dose di fortuna!
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