Anche quest’anno ho rinnovato la mia iscrizione alla REGA convinto che sia un’ottima organizzazione che fornisce soccorso nelle montagne svizzere dove molti di noi si recano. Due volte l’anno la REGA invia agli iscritti un periodico informativo che mi limito a sfogliare curiosando qua e là. Scorrendo le pagine del numero di Giugno 2013, visibile da chiunque all’indirizzo: http://www.rega.ch/it/attualita/periodico-dei-sostenitori-1414.aspx alle pagine 8-9 leggo una notizia che mi fa strabuzzare gli occhi e subito dopo sbigottire incredulo di fronte ad una tale improbabile realtà! Si narra di una signora svizzera che recatasi per lavoro a Roma viene lì investita da un motociclista, poi fuggito, e ricoverata in ospedale dove le vengono prestate cure sommarie, inefficaci e soprattutto non le viene fornito cibo come si può leggere nel trafiletto che riporto integralmente:
“In tanti altri paesi regnano usanze diverse, difficili da comprendere per gli svizzeri.
In Italia è normale che l’ospedale non provveda ai pasti e alle bibite, agli asciugamani o a date cure e altre prestazioni. Sono compiti normalmente lasciati ai congiunti. Tanto peggio per chi non ne ha. Per fortuna, la nostra paziente è aiutata da una collega romana. Un poliziotto prende in consegna gioielli e oggetti di valore per metterli al sicuro e riconsegnarglieli più tardi.”
D’accordo che l’articolo vuol pubblicizzare l’efficienza dei rimpatri di iscritti REGA effettuata tramite i suoi jet. D’accordo che il motociclista ha omesso di soccorrere (credo sia un malcostume diffuso non solo in Italia). D’accordo che la non conoscenza della lingua da parte della signora ha contribuito ad aumentare il suo malessere (se vai all’estero e non conosci la lungua è un problema tuo). D’accordo che la dieta degli ospedali romani, italiani e credo di qualunque nazione non è il massimo in fatto di gusto e nessun ospedale è citato dal Gambero rosso o dalla Guida Michelin.
Premesso questo non sono d’accordo su nulla del resto. Si vuol fare intendere (a meri fini pubblicitari) che un ospedale di Roma, capitale d’Italia, sia uno sporco ambulatorio del più disorganizzato paese del terzo mondo dove non si prestano che cure approssimative, vengono negate quelle importanti e dove cibo e bevande sono a cura dei parenti del ricoverato. Mi rifiuto di pensare che questo corrisponda a verità. Siamo, è vero, una barchetta in mezzo ad un mare di difficoltà che pare nessun governo sia in grado di ricondurre sulla retta via ma siamo anche un paese che accoglie genti di tutte le razze senza bisogno di fare tanti “referendum” come capita in altre nazioni (chi è buon intenditor….). Siamo un paese che ormai senza risorse sta cercando di camminare a fianco dei più forti della UE ancora col fiato corto ma tra le nostre ricchezze non abbiamo mai annoverato i “tesori” di quei Signori delle economie pulite e non che li affidano ad altri. Più che lavoro non abbiamo, o meglio, non avevamo visto che anche questo dagli stessi Signori è stato dirottato nei paesi del Far East e domani lo sarà in quelli Africani, sempre alla ricerca del maggiore loro tornaconto.
Tante parole, forse troppe, per dire che al di là delle critiche che come Italiano che si rispetti muovo a Istituzioni, Governo, Partiti, ecc. (sennò che Italiano sarei?) però mi girano le balle se qualcuno viene a dire su un giornale che negli ospedali di Roma non si dà da mangiare agli ammalati!
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