La femmina è stata uccisa dopo il ferimento di un anziano nelle settimane scorse: tra proteste e giustificazioni è il momento di riflettere seriamente sul progetto di ripopolamento
di Lisa Signorile
L'orsa KJ2 dopo l'abbattimento. Fotografia Ansa
Oggi come oggi, nessuno di noi vorrebbe essere un'orsa in Trentino, alle prese con ricerca di cibo, ansia per il letargo, ansia per i cuccioli da far sopravvivere, problemi di inbreeding e soprattutto con una condanna a morte preventiva se per sfortuna avesse bisogno di difendersi dall'attacco di un uomo.
Nessuno di noi vorrebbe però neanche essere il presidente della Provincia Autonoma Trentina (PAT) Ugo Rossi, che probabilmente si sente come il manzoniano "vaso di terra cotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro". Da un lato del vaso di coccio ci sono i cacciatori e gli esponenti di certi partiti politici, che usano e fomentano l'intolleranza verso i grandi carnivori come strumento di propaganda politica. Dall'altro lato ci sono gli animalisti estremi, quelli che deporterebbero i trentini per lasciare posto agli orsi, tanto loro vivono altrove. Sopra il vaso ci sono i quotidiani locali, che fomentano il terrore dei cittadini verso gli orsi per un pugno di click, arrivando a mettere in prima pagina "donna sogna orso e si spaventa". Davanti al vaso ci sono i faunisti da social, quelli che hanno sempre la
soluzione pronta per tutto, anche senza conoscere il significato della parola "plantigrado". Di fianco al vaso ci sono i cittadini trentini, spaventati dalle notizie e indispettiti dal non poter più considerare i boschi come il giardinetto dietro casa. Sotto tutto, infine, c'è il progetto orso da portare avanti.
E un po' come avrebbe fatto don Abbondio, anche il presidente Rossi, schiacciato tra tanti vasi di ferro, ha deciso per la soluzione più semplice, anche se è la meno giusta. L'orsa KJ2, su cui già pendeva una ordinanza di cattura e rimozione per il ferimento del podista Walter Molinari due anni fa è stata uccisa la sera del 12 agosto scorso in quanto ritenuta pericolosa. L'orsa infatti lo scorso 21 luglio ha ferito un anziano che camminava nel bosco, Angelo Metlicovez, ricevendo una seconda ordinanza per intervento di monitoraggio, identificazione e rimozione, per garantire "l'incolumità e la sicurezza pubblica". Il Piano di Azione interregionale per la Conservazione dell'Orso Bruno sulle Alpi Centro-orientali (chiamato Pacobace), dispone infatti come estrema ratio per gli orsi considerati problematici due misure di intervento: "(j) cattura per captivazione permanente" e "(k) abbattimento". Due lettere infauste per KJ2.
Resta da capire cosa sia un orso problematico e se la decisione di abbattere l'orsa sia la più corretta. Secondo quanto affermato ai microfoni di Radiotre Scienza da Claudio Groff, responsabile del settore grandi carnivori, servizio foreste e fauna della Provincia Autonoma di Trento, ad attaccare per primo sarebbe stato l'uomo, con una bastonata in testa, reagendo all'atteggiamento minaccioso dell'orsa, successivamente identificata dalla provincia come KJ2. L'orsa in effetti aveva cuccioli in entrambe le occasioni di scontro con gli esseri umani e ha reagito a scopo difensivo e non per nutrirsi, come avviene altrove: gli orsi bruni europei sono molto più timidi dei loro cugini americani e asiatici, e KJ2, sorpresa di sera da uomini accompagnati da cani, ha interpretato il comportamento umano e canino come "problematico" e ha reagito di conseguenza.
Secondo Marco Galaverni, presidente di WWF Young, la misura di abbattimento di KJ2, "è una sconfitta per tutti. Per la Provincia, per ministero ed ISPRA, per le associazioni di vario stampo, per la popolazione locale che non ha ancora imparato a comportarsi adeguatamente alla presenza dell'orso, per le istituzioni che dovrebbero fare controlli sulla legalità e non li fanno, per il mondo scientifico che non riesce a far sentire la propria voce".
La decisione del presidente Rossi lascia perplessi anche i faunisti. Secondo Silvano Toso, ex direttore dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica prima che confluisse in ISPRA, "in linea teorica la rimozione di singoli orsi provatamente pericolosi per la sicurezza è funzionale alla conservazione della popolazione ursina in quanto riduce il conflitto con la popolazione umana ed il conseguente possibile bracconaggio".
"Sorgono tuttavia - aggiunge Toso - due problemi. Il primo riguarda la definizione di orso pericoloso o 'problematico' e l'applicazione di questa categoria a ciascun caso concreto. E' evidente che il rischio di un attacco da parte di femmine seguite dai cuccioli, sebbene statisticamente molto piccolo, è comunque da mettere in conto, e ciò anche in assenza di comportamenti scorretti da parte dell'uomo, ad esempio nel caso di un incontro fortuito a distanza ravvicinata. Ovviamente il rischio aumenta considerevolmente a seguito di comportamenti sbagliati (cani liberi, avvicinamenti per osservazioni o foto, ecc.). Personalmente non credo che in questi casi un orso possa essere considerato problematico. Senza considerare che purtroppo l'analisi dell'accaduto si basa quasi sempre in larga misura sulle dichiarazioni di chi ha subito (o provocato) l'attacco. Ridurre a zero questo tipo di rischio significherebbe eliminare l'intera popolazione trentina di orsi. Anche questa è una scelta, ma è difficile che venga compiuta da un'Amministrazione che il progetto di ripopolamento l'ha voluto in origine e sostenuto per molti anni. Diverso potrebbe essere il caso di orsi che frequentano abitualmente insediamenti umani e mostrano un comportamento aggressivo e non provocato nei confronti delle persone. Il secondo problema riguarda la reale efficacia dell'abbattimento di alcuni esemplari nel raggiungere lo sperato effetto di pace sociale in un contesto come quello trentino dove i conflitti sono ormai radicalizzati, enfatizzati dai mezzi d'informazione locali e vengono ampiamente cavalcati per ragioni politiche. Sulla reale efficacia di questa scelta ho, francamente, molti dubbi."
La notizia dell'abbattimento è arrivata giusto all'inizio del ponte di Ferragosto, quando molte persone sono in vacanza, ma non è stata sufficiente a placare gli animi. I social sono in tumulto e la provincia e Ugo Rossi hanno ricevuto migliaia di tweet furibondi, di cui molti minacciano il boicottaggio del turismo in Trentino e chiedono a gran voce le dimissioni del presidente della Provincia.
La provincia, ansiosa di fare qualcosa, ha optato ancora una volta per evitare mezzi termini. Forse la captivazione dell'orsa avrebbe esasperato di meno, ma la Provincia non ha altri spazi o recinti disponibili né, sembrerebbe, un piano di contingenza adeguato. Niente dialogo, niente comunicazione coi cittadini, niente recinto per situazioni di emergenza, il timore di altri cittadini che andassero a infastidire l'orsa in questi giorni di festa quando il numero di turisti è massimo: dal loro punto di vista non c'era altra strada che eliminare il problema alla radice. E che siano spesso gli umani a infastidire gli orsi ce lo dimostrano i loro stessi video, quando finiscono sui social.
Eppure, un recente articolo ci dice che il dialogo e l'accettazione è possibile persino negli Stati Uniti, che hanno una gestione della fauna molto da far west e poco tollerante: dal 1978 al 2014 l'attitudine della popolazione verso animali storicamente stigmatizzati come lupi e coiote è cambiata diventando significamente più positiva. Il problema è che il Trentino non ha tutto questo tempo: visti questi precedenti, se si continua a eliminare orse nel giro di una decina di anni la popolazione non sarà più in grado di autosostenersi, perché non vengono introdotti nuovi individui dalla Slovenia e non si creano corridoi per agevolare la dispersione dei nuovi nati. Il progetto è fallito, forse è bene cominciare a farcene una ragione.
(14 agosto 2017) © Riproduzione riservata
orso, alpi
(14 agosto 2017) © Riproduzione riservata
(14 agosto 2017) © Riproduzione riservata
estratto da National Geographic Italia
Un articolo interessante ed equilibrato
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