Val di Rhêmes.
Elegante già nel nome, adornato dal piccolo cappello dell'accento circonflesso, offre molto al turismo emozionale del camminatore che si avventura nello stretto solco della sua estensione.
Da Thumel, dove la salita ha inizio, ci si spinge in un idilliaco vallone interrotto da balze incantate scavato dalla Dora di Rhemes, il cui passaggio millenario ha creato gole vertiginose e inventato spumeggianti cascate.
Piccoli ometti pelosi a forma di marmotta, controllano il passaggio degli umani, modulando fischi che, senza dubbio, formano un immaginario quanto efficace alfabeto delle creature della montagna.
Si è molto studiato il linguaggio dei cetacei o la gestualità dei primati, personalmente ritengo che il fraseggio sonoro dei roditori sotterranei non sia meno vario ed interessante.
Dopo alcuni salti di minore entità, ecco la grandiosa cascata della Grand Traversiére.
In tre salti distinti si tuffa nello spazio vuoto tra le rocce, la ricaduta idrica libera una nuvola d'acqua che cambia la temperatura nel raggio di parecchi metri.
Dopo la frescura, si sale sulle pendici di un poderoso contrafforte erboso, che ospita il Rifugio Benevolo, posto in posizione centrale all'apertura della valle.
Ammutinamento!
Il mio gruppo familiare, composto da sette elementi, decide a grande maggioranza di concludere l'escursione al rifugio, io che fin dalla partenza ho disegnata nelle pupille la sagoma regale del Granta Parey, non posso fermarmi qui.
Devo almeno avvicinarmi, alla possente parete di calcare e dolomia svettante per oltre cinquecento metri, addossata a quel che resta del ghiacciaio della Tsanteleina, o Tsanteleynaz a la "valdôtaine".
.Andrò al lago.
Alla sinistra del rifugio si svulippa il 13 C, sentiero che risale sulla sinistra valliva il corso della Dora, qui gorgogliante e allegra scorre in un profondo canyon.
Aggiro completamente il solitario e sconvolto anfiteatro glaciale, su di un esile sentiero che cinge il tozzo rilievo del Truc S.Elena, in un paesaggio inondato di luce, che si fa via via aspro e sassoso.
I pochi escursionisti che incontro, mi comunicano desolati che non hanno raggiunto il lago, ma questo non fa che aumentare la mia determinazione a raggiungere la meta.
L'ambiente è primordiale, di quelli che mettono a nudo il legame dell'uomo con le alte terre e rendono trasparenti e ricettivi i nostri occhi.
All'inizio del tratto morenico il sentiero impenna, solo sparuti alfieri di sasso guidano il cammino su detriti di diametro sempre maggiore.
Ingaggio le ridotte.
Il lago di Tsanteleina appare dopo alcuni saliscendi, con la sua superficie che pare zinco liquido, freddo e opalino per la consistente presenza del limo glaciale. Come un pellegrino arrivato ad una fonte miracolosa, mi bagno nelle acque, poi ne assaggio un sorso per percepirne il sapore minerale.
La corrente energetica che emanano questi luoghi è ininterrotta, c'è più magia quassù che nelle pagine ingiallite dei trattati medievali.
Una nota triste: lo trovo molto più piccolo di quanto immaginassi, come una pozza nella savana lontana dalla stagione delle piogge.
I piccoli laghi alpini rischiano la scomparsa entro 50 anni: e' l'allarme lanciato dall'Accademia dei Lincei
durante il convegno organizzato in occasione della Giornata mondiale dell'acqua.
Di fronte a me il ghiacciaio di Tsanteleina, che fino a pochi anni fa arrivava ad immergersi nel lago; sono evidenti i segni inconfutabili del global warming, accentuati da questa estate africana, oggi lo zero termico è stimato a 4500 metri.
Una escursionista valdostana che frequenta da trent'anni questa valle mi dice che non aveva mai visto il lago ad un livello così basso.
Scelgo un ritorno ad anello, più breve anche se più ripido, con qualche tratto attrezzato ed alcuni passaggi esposti classificati EE, che riportano alla accogliente conca del Benevolo.
Un pensiero mi coglie.
Hikr, anno 2062, escursione ai prati di Tsanteleina?
soudtrack: Chet Baker "Every time we say goodbye"
http://www.youtube.com/watch?v=vP02sgYrHsw]]] ]]]]]
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