Pizzo Dosso Cavallo
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Il versante valtellinese delle Orobie, pur molto articolato in valli e convalli, e pur facente parte di un'area teoricamente protetta, a parte poche località che fanno eccezione, è del tutto trascurato dal punto di vista escursionistico. La trascuratezza - a dire il vero non ingiustificata - è dovuta alla presenza di numerosissime cime senza l'attrattiva della notorietà, con vie di accesso mal segnalate e percorsi tendenti al ritorno allo stato primordiale. Tutto ciò tuttavia implica, per chi ha la tenacia e l'ostinazione di frequentare l'area, la riscoperta di antichi tracciati di transumanza con opere di ingegneria istintiva, di foreste intoccate da molti decenni, di alpeggi ormai abbandonati ma mirabilmente posizionati. Questa escursione può essere un esempio.
Da uno dei parcheggi di Bema si deve convergere nella centrale - e solo pedonale, causa strettezza - Via Roma che, uscendo dall'abitato, termina in un piccolo piazzale con chiesetta: sul lato a monte inizia il largo sentiero che, tagliando le pendici del soprastante Pizzo Berro, percorre tutto il versante orientale dapprima della Val Gerola e poi della Val Bomino. La traccia, a continui saliscendi con attraversamenti di vari canaloni franosi, porta i segni di antica cura: lastricati, acciottolati, muri di sostegno, cenge scavate nella roccia; ormai però il passo è spesso ostacolato dalla crescita di erbe e cespugli, che talora nascondono anche la notevole esposizione sul profondissimo fondovalle. Oltrepassati tre gruppi di ruderi di baite, la mulattiera scompare in una frana caduta ormai da qualche anno: occorre seguire in salita (sinistra) il percorso disagevole suggerito da tratti di vernice arancione (frecce e numero "137"). Sbucati sui prati di Taida, si attraversa una condotta idroelettrica e si entra in una bella faggeta che accompagna fino alle numerose baite sparse di Valburga. Da qui il sentiero si impenna notevolmente andando ad attraversare la Foresta Demaniale di Val Gerola fino a raggiungere il piazzale conclusivo della pista di servizio. Subito si sale a sinistra, di nuovo su sentiero, attraversando un bosco di conifere miste fino a raggiungere le prime radure della vastissima (anche altimetricamente) Alpe Dosso Cavallo. In campo aperto, lungo una labile traccia nell'erba, si oltrepassano le tre baite dell'alpe di mezzo, proseguendo poi fino alle ultime due baite dell'alpe di cima sul crinale culminante; il sentiero, di nuovo ben evidente, si porta - con un traverso ascendente boscoso - fino alla bocchetta senza nome che sovrasta di pochi metri (sull'altro versante) la conca umida della Baita Agüc. Ci troviamo sulla lunga cresta proveniente dal Pizzo Berro e diretta al Pizzo Dosso Cavallo: per raggiungere la nostra meta dobbiamo volgere a destra e scovare tra i fitti rododendri e i bassi larici cespuglianti una labilissima traccia di animali. Si percorre con qualche difficoltà il sottile filo di cresta molto ostacolati dalla vegetazione; dopo alcune decine di metri, la traccia, un poco più evidente, abbandona il crinale e si inoltra nel versante orientale della cresta: si raggiunge un "muro" di rododendri e lo si risale diritto sulla verticale di un canalino roccioso; raggiuntane la sommità con qualche scomodo gradino, ci si ritrova sulla cresta dopo averne aggirato un settore praticabile con maggiore difficoltà: da qui fino sulla comoda cima del Pizzo Dosso Cavallo è solo un sentierino erboso. Magnifico panorama su tutte le Orobie circostanti e i lontani gruppi retici di Masino, Disgrazia e Bernina. Si torna quindi alla Baita Agüc: non conviene - tutto considerato - rifare appieno il percorso di salita; disceso il canalino roccioso, si prosegue con attenzione fra i rododendri fino alla valletta presso la baita: una palina suggerisce la direzione per Bema. Si prosegue verso nord nell'erba alta, senza sentiero: presso un breve muro a secco sulla destra, qualche segno di passaggio si trasforma gradualmente in un sentiero che attraversa in lieve discesa lungo un rado lariceto. Arrivati in una radura a pascolo la linea si perde: occorre individuare - sulla direzione del percorso - un sasso con i resti illeggibili di scritte a vernice bianca; da qui è necessario scendere in verticale nel ripido prato fino ad individuare una grossa freccia incisa nel tronco di un abete: indica l'imbocco di un nuovo sentiero e il termine delle difficoltà di orientamento. La traccia è sempre buona - solo qualche incertezza in una successiva radura - fino a raggiungere una pista forestale inerbata: la si segue verso sinistra andando a raggiungere la carrozzabile (chiusa al traffico privato) per la Casera Melzi. Si continua verso sinistra su questa monotona strada per lunghi chilometri fino a raggiungere l'asfalto presso il Rifugio Ronchi. Da qui si prosegue tenendo la sinistra al primo bivio e ancora la sinistra all'imbocco di una sterrata: si tratta ora dell'antica mulattiera che percorre i prati di Bema fino alle prime case dell'abitato; destreggiandosi fra vicoli e scalinate si raggiunge senza percorso obbligato il punto di partenza.
Da uno dei parcheggi di Bema si deve convergere nella centrale - e solo pedonale, causa strettezza - Via Roma che, uscendo dall'abitato, termina in un piccolo piazzale con chiesetta: sul lato a monte inizia il largo sentiero che, tagliando le pendici del soprastante Pizzo Berro, percorre tutto il versante orientale dapprima della Val Gerola e poi della Val Bomino. La traccia, a continui saliscendi con attraversamenti di vari canaloni franosi, porta i segni di antica cura: lastricati, acciottolati, muri di sostegno, cenge scavate nella roccia; ormai però il passo è spesso ostacolato dalla crescita di erbe e cespugli, che talora nascondono anche la notevole esposizione sul profondissimo fondovalle. Oltrepassati tre gruppi di ruderi di baite, la mulattiera scompare in una frana caduta ormai da qualche anno: occorre seguire in salita (sinistra) il percorso disagevole suggerito da tratti di vernice arancione (frecce e numero "137"). Sbucati sui prati di Taida, si attraversa una condotta idroelettrica e si entra in una bella faggeta che accompagna fino alle numerose baite sparse di Valburga. Da qui il sentiero si impenna notevolmente andando ad attraversare la Foresta Demaniale di Val Gerola fino a raggiungere il piazzale conclusivo della pista di servizio. Subito si sale a sinistra, di nuovo su sentiero, attraversando un bosco di conifere miste fino a raggiungere le prime radure della vastissima (anche altimetricamente) Alpe Dosso Cavallo. In campo aperto, lungo una labile traccia nell'erba, si oltrepassano le tre baite dell'alpe di mezzo, proseguendo poi fino alle ultime due baite dell'alpe di cima sul crinale culminante; il sentiero, di nuovo ben evidente, si porta - con un traverso ascendente boscoso - fino alla bocchetta senza nome che sovrasta di pochi metri (sull'altro versante) la conca umida della Baita Agüc. Ci troviamo sulla lunga cresta proveniente dal Pizzo Berro e diretta al Pizzo Dosso Cavallo: per raggiungere la nostra meta dobbiamo volgere a destra e scovare tra i fitti rododendri e i bassi larici cespuglianti una labilissima traccia di animali. Si percorre con qualche difficoltà il sottile filo di cresta molto ostacolati dalla vegetazione; dopo alcune decine di metri, la traccia, un poco più evidente, abbandona il crinale e si inoltra nel versante orientale della cresta: si raggiunge un "muro" di rododendri e lo si risale diritto sulla verticale di un canalino roccioso; raggiuntane la sommità con qualche scomodo gradino, ci si ritrova sulla cresta dopo averne aggirato un settore praticabile con maggiore difficoltà: da qui fino sulla comoda cima del Pizzo Dosso Cavallo è solo un sentierino erboso. Magnifico panorama su tutte le Orobie circostanti e i lontani gruppi retici di Masino, Disgrazia e Bernina. Si torna quindi alla Baita Agüc: non conviene - tutto considerato - rifare appieno il percorso di salita; disceso il canalino roccioso, si prosegue con attenzione fra i rododendri fino alla valletta presso la baita: una palina suggerisce la direzione per Bema. Si prosegue verso nord nell'erba alta, senza sentiero: presso un breve muro a secco sulla destra, qualche segno di passaggio si trasforma gradualmente in un sentiero che attraversa in lieve discesa lungo un rado lariceto. Arrivati in una radura a pascolo la linea si perde: occorre individuare - sulla direzione del percorso - un sasso con i resti illeggibili di scritte a vernice bianca; da qui è necessario scendere in verticale nel ripido prato fino ad individuare una grossa freccia incisa nel tronco di un abete: indica l'imbocco di un nuovo sentiero e il termine delle difficoltà di orientamento. La traccia è sempre buona - solo qualche incertezza in una successiva radura - fino a raggiungere una pista forestale inerbata: la si segue verso sinistra andando a raggiungere la carrozzabile (chiusa al traffico privato) per la Casera Melzi. Si continua verso sinistra su questa monotona strada per lunghi chilometri fino a raggiungere l'asfalto presso il Rifugio Ronchi. Da qui si prosegue tenendo la sinistra al primo bivio e ancora la sinistra all'imbocco di una sterrata: si tratta ora dell'antica mulattiera che percorre i prati di Bema fino alle prime case dell'abitato; destreggiandosi fra vicoli e scalinate si raggiunge senza percorso obbligato il punto di partenza.
Communities: Hikr in italiano, Mountain running
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